Archeologia Pubblica e Crowdsourcing al Museo Egizio
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Archeologia e Pubblico. Comprendere come la ricerca e i risultati da essa conseguiti divengono (o meno) parte del nostro vivere contemporaneo, studiare le implicazioni etiche, sociali, economiche, politiche derivanti dall’analisi archeologica della cultura materiale e dalla sua comunicazione e fruizione in senso più lato. Queste sono le tematiche affrontate dal settore dell’Archeologia Pubblica, declinazione italiana dell’inglese Public Archaeology.
La Public Archaeology emerge e si diffonde negli Stati Uniti e in Gran Bretagna a partire dagli anni ’70 del secolo scorso ed ha conosciuto, nell’ultimo decennio soprattutto, una diffusione anche maggiore a livello internazionale. Sebbene non vi sia consenso assoluto, la Public Archaeology e’ oggi principalmente intesa come quell’area disciplinare intenta a studiare il modo in cui archeologia e società civile dialogano e si rapportano, al fine di migliorare tale scambio.
E’ in questa accezione che l’Archeologia Pubblica sembra essersi affacciata anche in Italia, grazie al primo articolo pubblicato sul tema e ad una serie di iniziative tra cui il Primo Congresso di Archeologia Pubblica in Italia, la sezione tematica (Dossier) dedicata dalla rivista European Journal of Postclassical Archaeologies, la conferenza Archeologia Pubblica al Tempo della Crisi e l’iniziativa Archeostorie.
Ci sembra che proprio alla ‘crisi’ (non solo economica) l’Archeologia Pubblica possa offrire risposte convincenti, se impegnata nel capire come diversi ‘pubblici’ s’interessano all’archeologia, in quali forme e con quali motivazioni vi partecipano. Comprendere il pubblico permette di coinvolgerlo in modo efficace e di contribuire allo sviluppo culturale ed economico di comunità di diverso tipo.
Internet e le tecnologie digitali offrono nuovi spazi per rendere questo modello operativo. Attraverso il crowdsourcing, in particolare, è possibile raccogliere informazioni, servizi e finanziamenti da gruppi numerosi di persone, online, richiedendo a ciascuna di esse un contributo individuale relativamente piccolo.
Applicato alla ricerca scientifica, questo metodo permette di creare, integrare, correggere, arricchire ed aggregare dati resi disponibili online da istituzioni o private persone. Il crowdsourcing consente di coinvolgere pubblici diversi nella gestione e cura di collezioni museali, archivistiche o librarie e nella generazione e nell’utilizzo d’informazioni in grado di supportare analisi quantitative in archeologia, potenzialmente riguardanti contesti geografici estesi e multi-periodo.
Oggi il Museo Egizio, insieme all’Istituto di Archeologia di University College London (UCL), porta il crowdsourcing archeologico in Italia. Il progetto si servirà di MicroPasts, la prima piattaforma tematica dedicata al crowdsourcing in archeologia, sviluppata a partire dal 2013 da UCL (la prima istituzione per lo studio della Public Archaeology in Europa) e British Museum in collaborazione con il team Pybossa.
Sinora, oltre 2,000 persone si sono servite della piattaforma per contribuire alla creazione di open data archeologici di vario tipo, tra cui la trascrizione e geo-referenziazione di un archivio contenente circa 30,000 schede di documentazione di manufatti in metallo rinvenuti principalmente nel Regno Unito a partire dalla fine del 18esimo secolo (National Bronze Age Index).
Il Museo Egizio inaugura un programma di crowdsourcing volto alla realizzazione di modelli 3D di oggetti salienti appartenenti alle proprie collezioni, a cominciare dal cofanetto dello Scriba Regale e Sovrintendente al Palazzo, Djehuty-hotep, a cui seguiranno altri reperti differenti per materiale e tipologia, tutti appartenenti alle collezioni esposte nel nuovo allestimento.
L’obiettivo è coerente con la nuova visione di un museo che pone al centro la ricerca, intesa come elemento fondamentale per la conoscenza, l’interpretazione e la divulgazione. Grazie alla Public Archaelogy, a questi temi si aggiungono il coinvolgimento e la partecipazione del pubblico aggiungendo un valore molto importante e innovativo utile a creare maggiore interesse e sensibilità sul ruolo dell’archeologia nella società contemporanea. I modelli 3D ottenuti con questa metodologia offrono differenti utilizzi sia a livello scientifico che didattico (la disponibilità di una stampante 3D offre a chiunque la possibilità di ottenere una riproduzione fedele all’originale). Il Museo Egizio è il primo museo italiano ad aderire a questa piattaforma offrendo la possibilità di testare l’adeguatezza e il valore di questo metodo in Italia e, al contempo, di migliorare la comunicazione di temi chiave nell’ambito dell’Egittologia e relativi alla cultura materiale presentata e interpretata attraverso il Museo.
Chiara Bonacchi (UCL Institute of Archaeology), Paolo del Vesco (Museo Egizio)